Coltivazione intensiva di salici

Memi a scuola e’ nella classe dei “Willows”, ovvero dei salici. E non credo ci sia finito per caso. I salici hanno rami flessibili e tenaci, e piu’ ci penso e piu’ credo che sia una metafora perfetta di mio figlio: mi piego ma non mi spezzo. E alla fine vinco io.

La settimana scorsa la mia amica Lory (figura mitologica meta’ mamma e meta’ avvocato), romana di nascita e brussellese di adozione, mi scriveva su Whatsapp un concetto che potrei riassumere cosi’: speriamo che i nostri figli non vengano mai a chiederci il conto per la flessibilita’ a cui li obblighiamo, perche’ sarebbe un conto salato.

E c’ha ragione. Alla grandissima. Perche’ stiamo allevando una generazione di piccoli uomi e piccole donne che – nel bene o nel male – hanno imparato prima a sopravvivere ai roller costers delle loro giornate che ad allacciarsi le scarpe da soli.

Io non penso che Memi sia un bambino migliore di altri, pero’ non ci sono dubbi sul fatto che lui e i suoi amichetti siano degli gnomi con uno spirito di adattamento che viene allenato un giorno si e l’altro pure. Di bambini come Memi ce ne sono tanti: si chiamano Stefano aka #Cookie, Alexander, Giacomo detto Jack, Martina aka #MartyRock, Giulia detta la LaTopo, Merdolo (che giuro ha anche lui un nome normale ma ormai tutto il mondo lo chiama cosi’). E tanti tanti altri ragazzini intorno al metro di altezza che hanno un passaporto italiano ma hanno trascorso la maggior parte della loro vita in un paese che e’ straniero per i loro genitori ma per loro e’ semplicemente casa. Nanetti che sanno perfettamente come usare Skype per chiamare i nonni, che quando parlano mescolano le lingue e ti prendono pure per il culo perche’ loro le sanno e tu non capisci una mazza, che in Italia ci vanno per le vacanze al mare e che prima di Natale li vedi in tutti gli aeroporti del mondo con la loro trolley pronti per volare verso la grande abbuffata annuale di zii, cugini, nonni e bisnonni.

Dopo questa settimana, dopo l’ennesimo cambiamento a cui e’ stato sottoposto (vedi post precedente), a volte mi chiedo davvero quanto manchi perche’ mi mandi a fanculo in olandese, in inglese e pure in italiano.

Poi mi dico che grazie al cielo non e’ un bambino in fuga dalla guerra e che ogni stravolgimento della sua routine in realta’ lo rendera’ un adulto migliore. Pero’ i lacrimoni davanti alla nuova scuola sono pur sempre delle mazzate, che fanno finire dritti nel pattume tutti i miei mantra montessoriani.

D’altra parte i salici sono piangenti, mica e’ un caso.

Al mio bambino salice, e a tutti gli altri che stanno trasformando questo mondo in un bosco, auguro di continuare ad essere cosi’: degli adorabili portatori sani di un gran paio di contro maroni, che si sa che sono il frutto tipico dei salici. Che tu sia sempre capace di trovare il tuo posto nel mondo bestiolina mia, a prescindere da dove tira il vento, a prescindere da quanto ti verra’ chiesto di piegarti per passare tra gli ostacoli, che tanto con quello sguardo li’ chi ti ferma a te.

Ultimamente mi ripeti decine di volte al giorno “Mamma, hai visto cosa so fare?” mentre piroetti o ti arrampichi come una scimmia o stai in bilico su una gamba sola.

Io ti guardo, ma in realta’ vedo oltre. Si amore, ho visto cosa sai fare.

Copyright The Tattoo Bank

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3 thoughts on “Coltivazione intensiva di salici

  1. Hai reso perfettamente l’idea…
    Dovremmo ricordarci più spesso lo sforzo immane che gli chiediamo ad ogni cambiamento rispetto ai loro coetanei che stanno in un posto per tutta l’infanzia e l’adolescenza.

  2. Pingback: Top Post dal mondo expat #27.7.15 | Mamma in Oriente

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